Quel che osservo non è quel che vedevo
27 Giugno 2019
A cura di Max Ferrero
Solamente una quindicina di anni fa, quando qualcuno mi chiedeva qual era il segreto più importante per ottenere buone foto, io mi limitavo a dire:
“basta avere sempre la macchina fotografica appresso”. Con l’avvento degli smartphone il mio consiglio si è avverato e il numero di fotografie scattate ogni giorno è
salito a numeri astronomici. Sempre su questa rubrica, solamente un anno fa, dicevo che la memoria delle nostre azioni è immagazzinata in innumerevoli scatti che rimangono e
parzialmente muoiono all’interno dei nostri apparati di telefonia mobile
(https://www.photocity.it/blogpy/come-fare-per/un-ricordo-non-e-per-sempre.aspx).
Per evitare questo problema, esortavo a utilizzare forme di archiviazione un po’ più sofisticate della sola sim del cellulare e d’imparare a selezionare le foto migliori
per stamparle e condividerle visivamente e al tatto con chi ci è vicino.
Dopo un breve esame dei dati exif (le informazioni presenti dentro lo scatto che indicano tutti i parametri tecnici e informativi) delle foto che pervengono al centro
stampa di Photocity, abbiamo notato che la maggior parte dei file, e si parla dell’80-90% del totale, sono stati realizzati da moderni telefoni cellulari. Questa è una buona
notizia, significa che gli appassionati di fotografia stanno ritrovando il gusto e il piacere di possedere una stampa o un libro dei propri ricordi, ma crea anche
qualche inconveniente perché, per quanto eccezionali, i cellulari servono per comunicare dal lato video e fotografico continuano ad avere problemi che devono essere corretti
in fase di postproduzione (dopo lo scatto).
Parlando di ricordi vi presento l’essere più presente del mio cellulare, lei si chiama Pagnotta è un magnifico e vivace labrador di 2 anni e mezzo.
Ogni volta che è possibile le scatto una foto simpatica e leggera attraverso il mio telefono senza scomodare le macchine professionali di cui sono in possesso.
Con lei ho aperto l’articolo e si è presentata nella sua bellezza, anche il cellulare, con una giornata magnifica e un prato immerso nel colore giallo dei fiori di Tarassaco,
ha saputo dare il meglio e non necessita di particolari attenzioni. Ma quante volte ci capita di avere tutto predisposto nelle migliori condizioni?
Come resistere all’ironia che capita casualmente nel trovarsi tra le mani un volantino pubblicitario di una famosa catena di panificatori e il cane che porta il nome più
adatto per questa ditta. Il risultato è comico, persino gli oggetti di troppo passano inosservati, ma dopo un’attenta osservazione ecco che alcuni errori potrebbero diventare
più evidenti soprattutto se decideremo di stampare l’immagine elevandola a un rango superiore dalla sola visione su monitor.
La foto è stata rischiarata per avere una migliore visione del soggetto, è stata ripulita dall’eccessiva dominante calda che sporcava tutti i toni della fotografia ed è
stata aggiunto un po’ di micro contrasto per innalzare la sensazione di nitidezza (riscontrabile immediatamente nel pelo del cane e sulle piastrelle).
Si potrebbe dire che le correzioni non sono così forti da essere indispensabili, ma vi assicuro che pochi, piccoli accorgimenti potrebbero modificare
radicalmente il risultato delle stampe. In quest’articolo vi elencherò tutti i grattacapi che creano gli smartphone.
1 - Quel che vedo non è quello che vedevo
Gli smartphone più performanti, oltre ad avere migliori ottiche e sensori, possiedono monitor in grado di esaltare la visione dell’immagine che una stampa su carta non sarà
mai in grado di restituire. Il problema non è nella riproduzione su carta, ma nei monitor che “drogano” gli aspetti visivi delle nostre fotografie.
Se vi fate ammaliare dalla bellezza dei vari Retina o congegni simili, sappiate che non state guardando l’immagine come realmente è stata registrata, ma un’interpolazione,
un’elaborazione tecnica in grado d’incrementare il contrasto e il micro contrasto per esaltarne la brillantezza dei colori e il piacere della visione.
2 - Sono comodo ma non troppo nitido
Avere sempre una macchina fotografica in tasca è qualche cosa di portentoso, anche per chi della fotografia ne ha fatto una professione. La semplicità e l’immediatezza
d’uso sono sconcertanti, tant’è che è impressionante osservare persone che ottengono ottimi risultati pur senza conoscere i principi fondamentali della fotografia.
La comodità, però, ha i suoi risvolti negativi, il più importante è determinato dall’impossibilità d’ottenere foto nitidissime da obiettivi e sensori piccoli come quelli
dei telefoni. La nitidezza non è legata al quantitativo di pixel presenti sul sensore (megapixel) ma dalla capacità dell’immagine di poter essere ingrandita senza perdere
in qualità. Guardare una foto su un monitor non è come osservare una foto stampata e ingrandita.
3 Guardare una foto non è come osservare un monitor
L’osservazione di una foto stampata è più accurata e attenta rispetto alla medesima azione effettuata su un monitor. Ciò avviene un po’ per via delle dimensioni,
si stampano foto più grandi dei classici 4 – 5,5 pollici dei cellulari (queste grandezze si misurano sulla diagonale del telefonino e corrispondono a circa 10 – 14 centimetri)
ma soprattutto perché a una stampa su carta si assegna una maggiore importanza concettuale e l’attenzione ai dettagli è conseguentemente accresciuta. È come se il contatto con
la carta assegni un valore morale e temporale superiore rispetto alla stessa immagine ma fredda e intangibile della visione digitale.
Questa sottile differenza ci permette di sorridere se osserviamo questa immagine sul cellulare, oppure di lamentarci perché mossa e poco nitida, se stampata su carta o
fotolibro. Il problema non è nella foto ma nel nostro modo di “leggere” l’immagine che, a seconda dell’apparato di riproduzione visiva osservato, cambierà la severità di giudizio.
Solo gli scatti migliori possono pretendere di essere selezionati per elevarsi a stampe di pregio e non è piacevole scoprire che il risultato della stampa non soddisfa le
aspettative.
Una volta comprese queste piccole regole basilari, possiamo permetterci d’ignorarle e di procedere alla stampa con il servizio di Photocity avvalendoci della correzione
automatica dei file che migliora automaticamente l’esposizione e i contrasti, oppure tentare di affinare ogni scatto selezionato sfruttando un qualsiasi software di fotoritocco.
Le regolazioni base da controllare non sono molte, ma possono modificare radicalmente in meglio le nostre immagini e vedremo come fare nel prossimo capitolo. Nel frattempo
Pagnotta vi saluta e vi aspetta alla prossima puntata.
Tutte le immagini sono state scattate con un Samsung J5 del 2016
Max Ferrero
Giornalista dal 1987, Max Ferrero ha pubblicato su tutte le maggiori testate italiane e i suoi reportage si sono concentrati e specializzati nell'ambito della ricerca sociale. Servizi fotografici sulla guerra nell'ex Jugoslavia, il Kurdistan iracheno, il Centro America, l'immigrazione extracomunitaria, i nomadi, gli ospedali psichiatrici e le carceri sono stati oggetto di pubblicazioni e mostre sia per Associazioni, Musei o Comuni quali: Torino, Milano, Lucca, Roma, Novara, Racconigi, Venaria Reale, Chivasso, Gaeta. Ha collaborato con le agenzie fotogiornalistiche: Lucky Star, Photodossier, Linea Press, Blow Up e attualmente AGF. Co-fondatore dell'agenzia fotografica Sync-studio di Torino, attualmente lavora anche su temi geografici e didattici. Attraverso la sua attività d'insegnante, collabora dal 2009 con il sito di divulgazione fotografica Fotozona (www.fotozona.it) curandone gli articoli tecnici e l'aspetto critico. Dal 2011 è professore di fotografia presso l'Accademia di Belle Arti di Novara. Nel 2017 pubblica presso la casa editrice Boopen il libro di tecnica base "tre gradi di profondità fotografica".